«Le borghesie autoctone hanno perso ogni capacità di opposizione all'imperialismo – se mai l'ebbero una volta – e costituiscono soltanto il suo vagone di coda. ... L'Africa offre le caratteristiche di un campo quasi vergine per l'invasione neo-coloniale. Si sono prodotti mutamenti che, in certa misura, hanno costretto le potenze neo-coloniali a cedere le loro antiche prerogative di carattere assoluto. Ma quando i processi ricominciano ininterrottamente, al colonialismo succede, senza violenza, il neo-colonialismo, i cui effetti sono identici, per quanto concerne il dominio economico. Gli Stati Uniti non avevano colonie in questa regione, ma oggi lottano per entrare nei recinti chiusi dei loro soci. Possiamo star sicuri che l'Africa costituisce nei piani strategici dell'imperialismo nordamericano, una riserva a lunga scadenza. ... L'evoluzione politica e sociale dell'Africa non lascia prevedere una situazione rivoluzionaria continentale ... La parte che tocca a noi, sfruttati e sottosviluppati del mondo, è quella di eliminare le basi di sostentamento dell'imperialismo: i nostri popoli oppressi, dai quali gli imperialisti traggono capitali, materie prime, tecnici e operai a basso prezzo e dove esportano nuovi capitali – strumenti di dominio – armi e articoli di ogni genere, facendo sprofondare in una dipendenza assoluta. ... Non possiamo predire il futuro, ma non dobbiamo mai cedere alla tentazione di essere gli alfieri di un popolo che pur anelando alla propria libertà, rifiuta la lotta che questa implica e aspetta la libertà come una elemosina». Ernesto Guevara, Opere (vol. II), 1968, pp. 497-502.

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